Come studiare: Approccio al metodo di studio

metodo di studio per imparare a studiare

Di Salvatore Tommasi

Come studiare?

Forse, per tentare una risposta a questa domanda, potrebbe essere utile, piuttosto che suggerire indicazioni impersonali e generiche, riflettere sulla propria esperienza, condividendola magari, e lasciando a chi legge la libertà di confrontarsi, e accoglierne o rifiutarne le conclusioni.

Sicché la domanda andrebbe riformulata nella seguente, più semplice e diretta: come ho studiato?

Come studio?

Ritengo di dover fare una considerazione introduttivo, ed è che non mi sembra possibile separare, in questo caso, la domanda sul “come” da quella sul “perché”, essendo diverse le motivazioni che spingono allo studio, e distribuite su livelli differenti.

Argomenti:

1) Studiare per conoscere

Direi che il primo livello dello studio è quello della conoscenza. Studio per conoscere.

Posso accostarmi ad un resoconto storico, una descrizione scientifica, una teoria filosofica o a qualsiasi altro argomento con l’intento di sapere: registro, in questo caso, quanto leggo o mi viene detto, lo memorizzo, sarei anche in grado di riferirlo. Non mi pongo domande. Mi limito ad ascoltare, ricevere, apprendere. Naturalmente ogni studio parte da qui. Si tratta di un momento iniziale e ineliminabile. Soddisfa la prima curiosità, fornisce il senso complessivo, unitario, di un argomento, un problema.

Personalmente, se sono alle prese con un libro, la prima cosa che faccio è leggerlo tutto, dalla prima all’ultima pagina, ma senza soffermarmi sui particolari, sorvolando su eventuali piccole incomprensioni, sulla dimenticanza di dettagli; mi lascio prendere dalla storia o dal ragionamento, ne traggo il quadro generale. E potrebbe bastare, se decido che l’argomento non suscita il mio interesse o se, comunque, non ho la necessità di andare oltre questa prima conoscenza sommaria.

2) Studiare per capire

Perché c’è poi un secondo livello nello studio, ed è quello della comprensione. Studio per capire.

In questo caso non posso fermarmi allo sguardo complessivo, al senso generale. Ora ogni dettaglio è importante. Ogni passaggio del ragionamento mi deve essere chiaro e devo saperlo riformulare. Non solo. Devo riempire i vuoti. Che sono non già in quello che leggo, ascolto, vedo, ma nella mia mente, cioè nel bagaglio di conoscenze di cui io dispongo e alle quali posso fare riferimento. Devo controllare un rimando per me sconosciuto, soffermarmi su un’affermazione enigmatica, cercare un avvenimento, richiamare alla memoria un personaggio, approfondire il significato di un termine.

In altre parole, e concretamente, rileggo il libro, seleziono le parti, cerco ed evidenzio la struttura essenziale di una storia o di una dimostrazione, lo arricchisco di note esplicative nei punti per me non sufficientemente chiari, lo sintetizzo adeguandolo al mio linguaggio.

3) Studiare per pensare

Ecco, quest’ultima operazione mi suggerisce e mi indirizza verso un ulteriore livello di studio, quello che ritengo più importante, lo sviluppo del mio pensiero. Studio per pensare.

Probabilmente nella nostra scuola quest’ultimo momento, che implica l’esercizio libero e autonomo del pensiero, non viene adeguatamente sollecitato. Forse viene ancora privilegiato il modello di pensiero che, nel linguaggio tecnico, viene definito “convergente”. Sicché è sufficiente la conoscenza e la comprensione per raggiungere il massimo riconoscimento scolastico.

Tuttavia è proprio nel confronto e attraverso il confronto personale con quanto ho studiato che il mio pensiero può svilupparsi. Metto in discussione dentro di me le idee altrui, le altrui procedure e conclusioni, provo a trovare delle scorciatoie, a elaborare idee diverse. Provo a mettermi alla pari, a non sentirmi inferiore, a rifare autonomamente la strada, con la consapevolezza dei miei limiti ma con coraggio e fiducia nelle mie possibilità, nella forza del mio pensiero.

Credo sia quest’ultimo livello di studio che mi dà una reale soddisfazione. Che mi ripaga della fatica e delle difficoltà che ho dovuto affrontare, che mi fa sentire non un semplice fruitore e ripetitore di teorie e scoperte altrui, ma un uomo libero nel pieno esercizio della sua umanità.

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